Il Tribunale di Catania, in seno a un procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo ottenuto sulla scorta di assegni bancari, ha esaminato e vagliato i seguenti temi di particolare importanza:

  • la prassi commerciale dell’emissione di assegni bancari privi di data o postdatati poi consegnati nella mani del creditore “a garanzia” dell’adempimento di un’obbligazione;
  • la valenza probatoria delle matrici di assegni bancari in merito all’eseguito pagamento di una somma.

Il debitore, invero, ha fondato la propria opposizione a D.I. sostenendo, da un lato, di aver corrisposto tutto quanto dovuto al creditore e producendo, a conforto di ciò, delle mere matrici senza i corrispondenti assegni bancari, e, dall’altro, l’inefficacia della promessa di pagamento contenuta negli assegni bancari posti a fondamento dell’emissione del Decreto Ingiuntivo.

Il Giudice etneo, facendo proprie anche le argomentazioni giuridiche esposte dal creditore, ha rigettato tutti i superiori motivi di opposizione e ciò sulla scorta degli oramai consolidati arresti giurisprudenziali intervenuti in materia.

Più precisamente, i passaggi rilevanti della sentenza sono i seguenti.

[…] La stessa ha evidenziato, altresì, “che, anche a voler ipotizzare od invocare la nullità degli assegni bancari perché asseritamente privi di data o postdatati e la loro inefficacia quali titoli esecutivi, è assolutamente indubbio che gli stessi comunque rivestano la funzione di promessa di pagamento con conseguente inversione dell’onere probatorio in ordine al rapporto sottostante alla loro emissione”.

Sul punto di recente la Suprema Corte, con orientamento costante, ha ribadito che “colui che emette un assegno bancario privo della data di emissione, valevole come da promessa di pagamento, con l’intesa che il prenditore possa utilizzare il documento come titolo di credito in epoca successiva apponendovi data e luogo di emissione, si assume la responsabilità (quanto meno a titolo di dolo eventuale) della eventuale attribuzione al medesimo documento delle caratteristiche dell’assegno bancario, e pertanto può rispondere dell’illecito amministrativo previsto dall’art. 1 della legge n. 386 del 1990 (come sostituito dall’art. 28 del dec. Igs. n. 507 del 1999) se, al momento dell’utilizzazione del titolo, non vi sia l’autorizzazione ad emetterlo” (Cass. civ., sez. II, 22 novembre 2021, n. 35947)

Nel caso di specie, a seguito dell’interrogatorio formale, è emerso che l’opponente ha rilasciato gli assegni inserendo la data a matita, così esponendosi consapevolmente al rischio che al momento del loro riempimento ed utilizzazione gli stessi potevano essere privi di provvista.

Occorre altresì rilevare, in applicazione al principio di diritto più volte enunciato dalla Cassazione, che l’emissione di assegni in bianco o postdatati “cui di regola si fa ricorso per realizzare il fine di garanzia – nel senso che esso è consegnato a garanzia di un debito e deve essere restituito al debitore qualora questi adempia regolarmente alla scadenza della propria obbligazione, rimanendo nel frattempo nelle mani del creditore come titolo esecutivo da far valere in caso di inadempimento -, è contrario alle norme imperative contenute negli artt. 1 e 2 del r.d. n. 1736 del 1933 e dà luogo ad un giudizio negativo sulla meritevolezza degli interessi perseguiti dalle parti, alla luce del criterio della conformità a norme imperative, all’ordine pubblico ed al buon costume, enunciato dall’art. 1343 c.c., sicché, non viola il principio dell’autonomia contrattuale sancito dall’art. 1322 c.c. il giudice che, in relazione a tale assegno, dichiari nullo il patto di garanzia e sussistente la promessa di pagamento di cui all’art. 1988 c.c.” (Cass. civ., sez. II, 16 maggio 2022, n. 15618).

Alla luce di quanto sopra, si rileva che gli assegni oggetto di causa, in quanto contrari alle norme imperative contenute negli artt. 1 e 2 r.d. n. 1736/1933, sono nulli ai sensi dell’art. 1343 c.c..
Tali assegni conservano, però, la natura di promessa di pagamento di cui all’art. 1988 c.c., con conseguente inversione dell’onere della prova a carico del debitore di inesistenza della relativa obbligazione o di avvenuta estinzione della stessa.

Al riguardo occorre evidenziare che nessuna contestazione è stata sollevata da parte opponente sull’avvenuta esecuzione dei lavori effettuati dal ********, risultando provato che quest’ultimo ha adempiuto alla propria obbligazione, mentre non risulta provata l’avvenuta estinzione del rapporto posto a fondamento dei titoli da lui emessi.

Sul punto è rimasta sfornita di prova l’affermazione del ******* di aver pagato al convenuto il complessivo importo di euro 317.550,00; pagamento che riferisce “documentato dalle matrici di quasi tutti gli assegni […] e da ricevute per alcuni degli importi versati in contanti”, ma specificatamente contestato dall’opposto.

Invero, non risultano prodotte dall’opponente le ricevute dei pagamenti effettuati in contanti a favore del ******** e, con riferimento alla produzione delle matrici, queste all’evidenza non sono sufficienti a provare il pagamento.

Al riguardo si ritiene di dover prestare integrale adesione all’orientamento consolidato espresso dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui “in caso di adempimento di obbligazione pecuniaria mediante il rilascio di assegni bancari, l’estinzione del debito si perfeziona solo nel momento dell’effettiva riscossione della somma portata dal titolo, in quanto la consegna dell’assegno deve considerarsi effettuata, salvo diversa volontà delle parti, pro solvendo” (Cass. civ., sez. II, 5 giugno 2018, n. 14372).

Ed ancora la Suprema Corte, in un caso analogo, ha ritenuto che “la matrice di un assegno costituisce una mera annotazione da parte del debitore che, in assenza del titolo e della prova dell’incasso, non ha alcuna rilevanza ai fini della prova del pagamento” (Cass. civ., sez. VI, 4 giugno 2021, n. 15709 2021).

Orbene, parte opponente non ha dato prova dell’avvenuta estinzione dell’obbligazione.

Alcun valore, invero, è attribuibile alle matrici senza il relativo titolo da cui si evinca il beneficiario a favore del quale l’assegno è stato emesso; beneficiario non indicato neanche nei rendiconti bancari prodotti da parte opponente e relativi agli assegni tratti sul conto corrente *** n. ****** (vd. all. 4 citazione) […]“.

 

Contributo da parte degli Avv.ti Marcello Bonaventura e Bruno Bonaventura.

 

Il testo integrale della sentenza: Tribunale Catania sentenza 2407_2022