Con la pronuncia in questione il Tar Catania ha esaminato, seppur sinteticamente, due questioni particolarmente rilevanti allorquando il ricorrente, ottenuto il riconoscimento giudiziale del diritto ai benefici di cui alla L. n.210/1992, sia poi costretto a proporre giudizio di ottemperanza a fronte dell’inerzia dell’Amministrazione nella corresponsione di quanto dovuto.

Più precisamente, le questioni di rilevanza sono: 1) la richiesta (formulata in seno al ricorso introduttivo) di condanna dell’Amministrazione inadempiente alla penalità di mora ex art.114, comma 4 lett. e), c.p.a. per ogni ritardo nell’esecuzione del giudicato; 2) la mancata esatta indicazione del quantum dovuto dall’Amministrazione (circostanza sollevata dal Collegio in corso di giudizio) in seno alla sentenza che ha riconosciuto i benefici di cui alla L. n.210/1992.

Con riferimento al c.d. astreinte (ex art.114, comma 4 lett. e), c.p.a.), è stato richiamato il principio di diritto già espresso dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana con cui si è inquadrato tale istituto “…tra le sanzioni civili indirette (anche perché in tema di esecuzione di giudicato è pacifico che la posizione è di diritto soggettivo) e conseguentemente permette (ed impone) al giudice di riferirsi nella sua determinazione anche alla posizione vantata dal ricorrente. Una volta ricostruito l’istituto in questione in termini di sanzione civile indiretta non v’è dubbio che la previsione di cui all’articolo 114, comma 4, lett. e) c.p.a. possa (e debba) trovare applicazione, al ricorrere di tutti gli altri presupposti previsti dalla legge, anche al caso di inadempimento delle obbligazioni pecuniarie. Non si tratta infatti di stabilire se l’ulteriore somma di denaro irrogata ex articolo 114, comma 4, lett. e) c.p.a. costituisca un indebito arricchimento del creditore ma di applicare una “sanzione civile indirettà in aggiunta ai tradizionali meccanismi di tutela del creditore rimasto insoddisfatto…“.

Sul punto, pertanto, il Tar Catania con la pronuncia in esame ha affermato che “…La domanda di condanna dell’amministrazione al pagamento di una somma determinata per l’eventuale ritardo nella corresponsione delle somme dovute può essere accolta, alla luce dell’insegnamento dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (Cons. Stato, Ad. Plen., 25 giugno 2014, n. 15), secondo cui la comminatoria delle penalità di mora di cui all’art. 114, comma 4, lett. e), c.p.a. è ammissibile per tutte le decisioni di condanna di cui al precedente art. 113, ivi comprese quelle aventi ad oggetto prestazioni di natura pecuniaria. Ai sensi dell’art. 114 c.p.a. vigente, tale somma può essere stabilita nella misura dell’interesse legale e la sanzione deve essere applicata a decorrere dalla notificazione o comunicazione della presente sentenza…“.

Circa la seconda questione che si ritiene meritevole di attenzione, il Collegio aveva sollevato perplessità in merito alla possibilità di esperire il giudizio di ottemperanza sulla scorta di una sentenza che accertasse in favore della parte processuale il diritto al riconoscimento dei benefici di cui alla L. n.210/1992 limitandosi, però, a individuare la pertinente categoria di cui alla tabella A del D.P.R. n.834/1981 senza provvedere alla analitica determinazione del relativo quantum.

A fronte di ciò, con memoria autorizzata è stato argomentato come, benché nella sentenza azionata non fosse indicato in via immediata l’importo della somma dovuta, il quantum debeatur era agevolmente determinabile, senza margini di errore e/o discrezionalità, in base agli univoci riferimenti ivi presenti ovvero applicando gli importi riconosciuti dal D.P.R. n.834/1981 per la pertinente categoria di cui alla relativa tabella, così come annualmente aggiornata secondo gli indici della prevista inflazione.

Il tema della mancata indicazione dell’esatto quantum nel titolo di cui si chiedeva l’ottemperanza, del resto, era stato già affrontato, e risolto positivamente, dall’Ill.mo Tar Catania in fattispecie analoghe tra cui meritano attenzione, in particolare, le pronunce:

  • n.573/19 in cui si legge che “…Il ricorso è fondato e merita, pertanto, integrale accoglimento: consta, infatti, che la sentenza reca l’esposta condanna pecuniaria (trattasi di ottemperanza di sentenza di condanna non definita nell’ammontare che può, tuttavia essere determinata con l’applicazione degli importi fissate dalle tabelle ministeriali)…“;
  • n.2127/18 in cui si legge che “…Il ricorso è fondato e merita, pertanto, integrale accoglimento: consta, infatti, che la sentenza reca l’esposta condanna pecuniaria (trattasi di ottemperanza di sentenza di condanna non definita nell’ammontare ma di facile determinazione)…“.

Il Tar Catania, quindi, con la sentenza in esame ha ritenuto di condividere tali principi, sinteticamente argomentando che “…In primo luogo, deve condividersi la prospettazione del ricorrente circa la determinabilità delle somme dovute mediante applicazione degli importi fissati nelle tabelle ministeriali (cfr. Sez.II di questo T.A.R., n.573/19, nonché gli altri precedenti prodotti dal ricorrente)…“.

 

Contributo da parte degli Avv.ti Francesco G. E. Fichera e Bruno Bonaventura.

 

Il testo integrale della sentenza: Tar Catania sentenza 2885_2019